Project Description

La mostra

L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine

La Fondazione Mudima inaugura la mostra dal titolo L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine a cura di Giacomo Zaza, che inaugura martedì 9 maggio alle ore 18:00, con opere di Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Betty Danon, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Magdalo Mussio, Luciano Ori, Stephanie Oursler, Lamberto Pignotti, Berty Skuber.

Il titolo della mostra fa riferimento agli scambi perpetui che dagli anni Cinquanta in poi hanno caratterizzato una certa produzione artistica che afferisce al linguaggio, alla poesia, alla letteratura, e che ha generato degli spostamenti tra l’immagine, il segno e la parola, creando spazi e tempi dalla valenza polisemantica.
In questo senso, puntuale è un assunto relativo al linguaggio pensato e scritto da Cesare Brandi: “Testo letterario e testo figurativo si pongono naturalmente come due formazioni parallele, indipendentemente dal fatto che insistano o no su uno stesso genotipo o per dirlo in modo meno formale ma più corrente, sullo stesso contenuto”.
Ed è proprio da qui che parte la riflessione sull’idea di opera d’arte come “linguaggio oggetto” che si sviluppa nella produzione di un gruppo di artisti e poeti attivi da diverse decadi, che fanno del linguaggio elemento chiave del loro operato, sia dal punto di vista del significante che da quello del significato.
Quello entro cui lavora ognuno degli artisti in mostra è un ambito di confine, in cui la parola assume un ruolo centrale. La PAROLA non ha solo un valore etico, legato al significato e al messaggio che esso trasferisce, ma ha anche un valore estetico legato all’aspetto, alla sua forma, al contesto entro il quale si colloca. Essa si dispiega sulla superficie come graphè e phonè, linguaggio e voce, dichiarando la natura ibrida e “meta – orfica” del segno. A volte entra in simbiosi con un’immagine “iconica” (tratta dai media) per produrre nuovi rapporti e discorsi. Un processo di intersezione dai risvolti decisamente performativi.
L’idea della mostra insiste su opere che possono essere valutate sul piano dell’espressione e sul piano del contenuto. Gli artisti e le artiste presenti sono spesso anche poeti e poetesse e in questo senso i confini linguistici scompaiono o quantomeno si assottigliano ulteriormente in favore di nuovi territori.
La parola rimane tale o diventa segno, ma continua a farsi portatrice di significati e di visioni (immagini che a loro volta sono altresì contenuto e forma).

Biografie

Nanni Balestrini (1935-2019): artista, scrittore e poeta visivo.
Nasce a Milano. L’inizio dell’attività letteraria risale ai primi anni ’50, ma è negli anni ’60 che comincia una proficua sperimentazione letteraria su più livelli. Affascinato dalle potenzialità espressive del linguaggio che, dissociato dal suo valore semantico, diviene l’oggetto della poesia, egli ricombina frammenti linguistici preesistenti, brani di realtà prelevati da film, libri e ogni sorta di medium, per creare un non-linguaggio, il grado zero della significazione, dando così al pubblico la possibilità di generare il proprio. Adotta tecniche sempre riconducibili al collage.
Esponente di rilievo della neo-avanguardia, in particolare del gruppo dei poeti “Novissimi”, precursori del Gruppo 63. Allestisce mostre e performance in Italia – tra cui Biennale di Venezia, 1993 – e all’estero tra cui dOCUMENTA (13) a Kassel nel 2012 e ZKM a Karlsruhe nel 2017.
La sua vasta produzione comprende anche romanzi e saggi politicamente impegnati riguardanti le lotte degli anni ’60 e gli anni di piombo; il suo “Vogliamo tutto” diventa uno dei manifesti dell’estrema sinistra. Balestrini mette a punto una contaminazione di sperimentalismo letterario e di estremismo politico di grande coerenza teorica.

Mirella Bentivoglio (1922-2017): poeta e artista operante nel campo verbo-visivo.
Nasce a Klagenfurt (Austria) da genitori italiani; trascorre l’infanzia a Milano e studia prima nella Svizzera tedesca, poi in Inghilterra fino all’avvento della seconda guerra mondiale.
Dalle prime sperimentazioni di poesia concreta, che valorizza gli aspetti visivi della scrittura, passa alla poesia visiva, che più liberamente associa scrittura e immagine, alla poesia oggetto, compiendo interventi linguistici su oggetti e ambienti.
Come artista espone nelle più prestigiose sedi istituzionali del mondo: Biennale di Venezia, Centre Pompidou di Parigi, MoMa, Palazzo Pitti, Getty Institute di Los Angeles.
Pubblica monografie e saggi e cura numerose iniziative di arte al femminile in Italia e all’estero, tra cui una mostra storica di ottanta donne alla Biennale di Venezia nel 1978.

Tomaso Binga (1931): Bianca Pucciarelli Menna (alias Tommaso Binga) in arte assume questo nome per contestare, con ironia e spiazzamento, i privilegi del mondo maschile. Si occupa di scrittura verbo-visiva ed è tra le figure di punta della poesia fonetico – sonora – performativa italiana. La sua pratica artistica include collage, dattilografia, pittura, performance e scrittura.
Nasce a Salerno. Nel 1959 si trasferisce a Roma. Insegna all’Accademia di Belle Arti di Frosinone con una cattedra in Teoria e Metodo dei Mass Media. Nel 1974 fonda e dirige insieme al marito l’associazione culturale “Lavatoio Contumaciale”, ancora attiva a Roma e dedita alla promozione delle arti. Sposa la causa femminista del tempo, come testimoniato da performance diventate molto note (ad es. “Oggi Spose”, 1977). Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia, con la mostra “Materializzazione del linguaggio” curata da Mirella Bentivoglio.
Nel 1992 fonda insieme ad Alfonso Menna la Fondazione “Filiberto Menna”, centro studi d’arte contemporanea, di cui è vicepresidente.
Intorno al 2014 l’opera dell’artista acquisisce rinnovato interesse e, da quell’anno, mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero aumentano costantemente: “Per-formare una collezione”, Museo MADRE, Napoli 2013; “TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai”, Fondazione Prada, Milano 2017; “The Body as Language. Body art and performance. What is left” Galleria Nazionale di arte moderna e contemporanea, Roma 2017; “Tomaso Binga: A Silenced Victory”, Mimosa House, Londra 2019; […]

Ugo Carrega (1935-2014): artista e poeta visivo.
Nasce a Genova e fin da piccolo scrive poesie. Sul finire degli anni ’50 inizia ad interessarsi a forme di sperimentazione su materiali sonori e fonetici.
Si inserisce nei gruppi d’avanguardia allora attivi a Genova e collabora con Martino Oberto alla rivista “Ana Eccetera”, maturando la sua formazione di artista verbo-visivo.
Nel 1966 si trasferisce a Milano e qui espone i suoi primi lavori di poesia visiva, divenendone uno dei principali esponenti, sebbene egli prediligesse il termine di “Nuova Scrittura”, ossia scrittura sperimentale. Carrega si propone di fondare un nuovo linguaggio grazie all’integrazione della scrittura alfabetica con elementi grafici di diversa natura. Caposaldo del suo lavoro è la pagina scritta intesa come “strumento-in-sé-d’espressione”.
Sempre a Milano fonda i centri culturali Centro Suolo, Centro Tool, Mercato del Sale ed Euforia Costante nonché le riviste “Tool”, “Bollettino Tool”, “aaa” e “Bollettino da dentro”.

Luciano Caruso (1944-2002): artista, poeta e giornalista.
Nasce a Foglianise, tra le montagne del Sannio, ma vive a Napoli. Qui frequenta la Facoltà di Filosofia laureandosi in Estetica Medievale.
Nel ricco ambiente culturale partenopeo degli anni ’60 compie le prime esperienze letterarie e artistiche, nelle quali si incontrano l’impegno politico e la sensibilità di poeta, che si sviluppa con forte accento critico nei confronti dei moduli della poetica contemporanea. Qui ha inizio il lavoro che lo accompagnerà per tutta la vita: trovare il modo per rispondere all’insufficienza espressiva della dimensione verbale della poesia, arricchendola con l’elemento visuale e materico della scrittura. A Napoli frequenta i pittori del Gruppo 58 ed è editore e redattore di molte riviste d’avanguardia. Studioso e praticante del Futurismo, da un contributo essenziale alla riscoperta del movimento con la ristampa di testi futuristi, in particolare dei Manifesti.
Nel 1976 si trasferisce a Firenze.
Forza creativa pervasiva e multiforme, lavora anche con il teatro, il cinema, la filosofia, fino alla sperimentazione sonora. Molte delle sue opere sono dedicate al tema della “vita artistica come lungo viaggio”. Tiene numerose mostre personali e partecipa a tutte le più importanti esposizioni dedicate alla Nuova Scrittura, Poesia Visiva e libri d’artista in Italia e all’estero.

Giuseppe Chiari (1926-2007): compositore e artista concettuale.
Nasce a Firenze, dove, parallelamente agli studi in matematica e ingegneria, si dedica alla musica studiando pianoforte. Attratto dalle esperienze di J. Cage, si interessa a ricerche sperimentali di musica visiva. Importanti per il suo sviluppo artistico il confronto con le ricerche di poesia visiva del “Gruppo 70” e i contatti con gli esponenti del movimento internazionale “Fluxus”.
Il suo complesso percorso artistico si sviluppa nell’ambito di significative rassegne personali e soprattutto collettive come la Quadriennale di Roma, Documenta di Kassel, Biennale di Venezia, Biennale di Sidney e attraverso numerosi concerti e performance in Europa e negli USA.
Fautore dell’interazione tra musica, linguaggio, immagine e gesto, Chiari elabora opere che si ricollegano a esperienze neodadaiste, muovendosi sul confine tra provocazione e non senso e sperimentando mezzi espressivi diversi, dai collage a soluzioni pittorico-gestuali elaborate con segni, scritte e timbrature su pentagrammi, spartiti e fotografie.

Betty Danon (1927-2002): artista concettuale e poeta visiva.
Nasce a Istanbul; dal 1956 vive a Milano. Il suo percorso artistico ha inizio alla fine degli anni ’60.
L’esordio è con i collage geometrici, a cui farà seguito una breve parentesi pittorica; in queste opere è già evidente il processo di sintesi in atto, che la porterà alla teoria del punto e linea, elementi cardine della scrittura musicale. Danon lavora col suono e col segno a partire da una simbologia junghiana, riducendo cerchio e quadrato a due elementi primari – punto e linea – che si sviluppano nelle sue opere, nelle partiture simulate, negli interventi su suono, segno e parola.
Espone in Italia e all’estero in numerose mostre personali e collettive, tra cui la Biennale di Venezia.
Nel 1979, in seguito alla mostra “Io&gli altri” alla Galleria Apollinaire di Guido Le Noci, decide di uscire dai circuiti convenzionali dell’arte, allontanandosi da un sistema in cui non si riconosce.
Continua a produrre, senza fare mostre, dandosi però alla mail art, condividendo il suo lavoro con artisti di tutto il mondo e diffondendo il suo spirito creativo in prestigiosi atelier di iniziazione alla creatività. Con l’utilizzo del computer, dalla fine degli anni ’80, da’ vita ai suoi più luminosi colpi d’ala nel campo della poesia visuale. I suoi lavori oggi sono custoditi in musei, archivi e biblioteche di oltre 25 nazioni.

Ketty La Rocca (1938-1976): artista e poeta visiva.
Nasce a La Spezia. Dai primi anni ’60, dopo essersi trasferita a Firenze, si dedica all’insegnamento nelle scuole elementari e, in questi stessi anni, entra in contatto con il Gruppo 70. La sua ricerca è fortemente influenzata dalle teorie verbo-visuali come dagli scritti di Umberto Eco e Roland Barthes.
Tra il 1964 e il 1965 realizza i suoi primi collage, frutto di un’interpretazione ironica e trasgressiva del linguaggio e delle immagini prodotte dai mass media, operando una profonda critica al sistema politico, attribuendo nuovi significati a parole e immagini, o meglio, il significato che nascondono ad una prima superficiale lettura. Appartengono a questa fase una serie di opere tese a smascherare la mercificazione dell’immagine della donna. In seguito l’uso del collage viene abbandonato in favore di stampe emulsionate con materiale fotosensibile, fino a confrontarsi pionieristicamente con le tecniche espressive più avanzate della sua epoca, quali il videotape e l’installazione.
Comincia già dagli esordi a voler costruire un rapporto diretto con lo spettatore, allontanandosi da ogni concezione di tipo contemplativo dell’opera d’arte; perciò le sue sperimentazioni linguistiche sono oggetto di numerose performance.
Si concentra infine sul linguaggio del corpo e sul gesto, arrivando a servirsi di radiografie del suo cranio e della sua grafia. La ricerca ultima dell’artista, vicina all’arte concettuale, approda alle “Riduzioni”, in cui la fotografia viene ricondotta, per graduale trasfigurazione, a segni astratti.

Lucia Marcucci (1933): artista e poeta visiva.
Nasce a Firenze, dove, dopo aver compiuto gli studi artistici, sin dal 1963, si occupa di poesia visiva. Partecipa attivamente alle iniziative del Gruppo 70 e del Gruppo 63.
Nata come alternativa “alla condizione presente della cultura” la sua poesia visiva diventa un’espressione segnata da una forte carica ironica, metaforica e trasgressiva.
Dopo la partecipazione alla mostra “Poesia Visiva” presso la Galleria Guida di Napoli (1965), sviluppa ulteriormente la sua ricerca nell’ambito della Cinepoesia, Poesia Auditiva, Poesia Tecnologica, Poesia Manifesto e i Libri Oggetto/Soggetto. A partire dal 1965 la sua attività sarà tutta improntata a un forte sperimentalismo da happening, dominato dalla mescolanza di linguaggi.
Nella produzione degli ultimi anni la Marcucci utilizza, oltre alla tecnica del collage e al digitale, le immagini pubblicitarie manipolando sapientemente i manifesti che tappezzano le città.
Numerosi i libri d’artista e le rassegne personali e collettive – tra cui Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Biennale di Malindi.

Magdalo Mussio (1926-2006): regista, scenografo, grafico e artista.
Nasce a Volterra e, dopo aver compiuto gli studi di architettura, si diploma in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Si forma in ambito prevalentemente teatrale, ma presto passa al cinema d’animazione e d’artista, frequentando il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma al fianco dell’illustratore e autore Antonio Rubino, da cui il giovane Mussio riprende lo stile surreale. È da quest’esperienza che nascerà in seguito il suo “Theatro dei Segni” su cui basa l’attività artistica. Quest’ultima consiste nella fusione di pittura, scrittura e poesia, in collage che sono “lacerti di vissuto, brandelli di memoria, faville di cultura, schegge di passato”, che ampliano il campo d’azione al maggior numero di discipline possibili, abbracciando anche la musica, l’arte tipografica e la tecnica cinematografica.
A Macerata diviene direttore artistico della casa editrice La Nuova Foglio di Giorgio Cegna, specializzata in pubblicazioni preziose, libri d’artista e opere di grafica in serie limitate sarà poi professore all’Accademia di Belle Arti con una cattedra in tecniche dell’incisione.

Luciano Ori (1928-2007): pittore e poeta visivo.
Nasce a Firenze e inizia la sua attività professionale a soli dodici anni, realizzando i bozzetti di un’operetta per il Teatro della Pergola di Firenze; frequenta l’Accademia di Belle Arti ed inizia ad esporre, in varie sedi del capoluogo toscano, opere influenzate prima dalla pittura metafisica e poi dal costruttivismo del Bauhaus e dall’astrattismo di Paul Klee. Nei primi anni ’60 è uno dei protagonisti della pittura tecnologica e della poesia visiva, sulle quali scrive anche testi teorici fondamentali. È tra i fondatori del Gruppo 70 e del Gruppo Internazionale di Poesia Visiva (o Gruppo dei Nove), da cui poi si allontana per dedicarsi ad una serie di sperimentazioni che combinano la musica ad apparati logo-iconici. Partecipa attivamente ad iniziative espositive che per la prima volta propongono una riflessione organica sull’esperienza della poesia visiva: nel 1979 è incaricato dall’assessorato alla cultura del Comune di Firenze di realizzare la prima storica mostra di poesia visiva internazionale (“Poesia visiva 1963-1979”) che ha luogo a Palazzo Vecchio e della quale cura anche il catalogo. La sua attività prosegue negli anni ’80 e ’90 con mostre personali e prestigiose collettive internazionali come Documenta di Kassel, Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma.

Stephanie Oursler (1938-2018): artista e attivista politica.
Nasce a Baltimora (Maryland); studia letteratura alla George Washington University. Pioniera del movimento femminista americano, nei primi anni ’70 si trasferisce in Italia dopo aver conosciuto Vana Caruso, assistente alla regia, moglie dell’artista Giulio Turcato. Qui si unisce dapprima al “Collettivo di Rivolta Femminile” e poi contribuisce alla fondazione del gruppo femminista “Cooperativa del Beato Angelico”, il primo spazio auto-gestito per artiste donne a Roma.
Attiva come artista in Italia a partire dagli anni ’70, lavora con Romana Loda e realizza numerose rassegne personali e libri d’artista.

Lamberto Pignotti (1926): scrittore e poeta visivo.
Nasce a Firenze, ivi studia e risiede fino al 1968, anno in cui si trasferisce a Roma. È uno dei padri della poesia visiva italiana nonché autore di saggi, sempre rivolti alla critica militante e all’attualità culturale. Per tali settori collabora regolarmente con quotidiani, periodici e riviste italiane e straniere e a programmi della RAI. Fondatore, insieme ad altri poeti, pittori, musicisti e studiosi del “Gruppo 70” attraverso il quale si intende affermare la necessità di un approccio critico nei confronti dei mass media. Professore alla Facoltà di Architettura di Firenze e successivamente al DAMS della Facoltà di Lettere di Bologna.
La sua opera artistica procede rapportando segni e codici di diversa provenienza: linguistici, visivi, uditivi, olfattivi, tattili, del gusto, del comportamento, dello spettacolo; da tale attività multimediale e sinestetica nascono le “Poesie e no”, le “cine-poesie”, le poesie da toccare, i “chewing-poems”, i “drink-poems” e le poesie visive sotto forma di collage o di intervento su fotografie di cronaca, di moda, di pubblicità.

Berty Skuber (1941): artista e poeta visiva.
Nasce a Bolzano, dove vive fino ai 18 anni. La sua arte è come una sorta di enciclopedia fantastica, articolata ed esplorata attraverso una grande quantità di media: oggetti, libri, libri-oggetto, video, fotografia, disegno, collage, pittura, scultura, scrittura. Uno dei punti di partenza essenziali per la sua opera è la parola, cosa peraltro messa in evidenza dalla cura dedicata alla scelta dei titoli e dalle tematiche delle sue mostre.
I suoi lavori sono stati esposti diffusamente in Europa e negli USA sin dagli anni ’70 ed è presente in numerose collezioni pubbliche (Museum Albertina di Vienna, Museum Ferdinandeum di Innsbruck, Bibliothèque Nationale de Paris a Parigi, Getty Museum di Malibu, Fondazione Mudima a Milano, ecc.).

Scheda della mostra

L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine

a cura di Giacomo Zaza

Sede
Fondazione Mudima | Via Tadino 26, Milano

Apertura
martedì 9 maggio 2023
alle ore 18:00

Date
10 maggio – 1 giugno 2023

Orari
lunedì-venerdì 11:00-13:00, 15:00-19:00
chiuso sabato e domenica
ingresso libero

Fotografie
Fabio Mantegna
fabiomantegna.it

Info al pubblico
Fondazione Mudima
T. +39 02 29 40 96 33
info@mudima.net
www.mudima.net

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